ADPD 2024 – Notizie flash – 3 – La ricerca evidenzia la capacità predittiva della p-tau 217 da sola e combinata con la p-tau 231

Di Lucy Piper, giornalista di medwireNews

medwireNews: Secondo i risultati di due studi presentati all’AD/PD 2024 di Lisbona, in Portogallo, la proteina tau-217 fosforilata (p-tau) nel plasma mostra, in un contesto clinico, una maggiore capacità di predire la positività della beta-amiloide alla tomografia a emissione di positroni (PET) rispetto ad altri biomarcatori ematici e, se combinata con la p-tau 231, rappresenta un nuovo forte biomarcatore per la diagnosi della malattia di Alzheimer (AD).

Nel primo studio, Marco Bucci (Karolinska Institute, Svezia) e colleghi hanno quantificato la p-tau 217, la p-tau 181, la p-tau 231 e la proteina gliale fibrillare acida (GFAP) in 123 pazienti di età media pari a 65 anni ricoverati presso la clinica per i disturbi cognitivi dell’ospedale universitario Karolinska.

I partecipanti sono stati valutati clinicamente e classificati come affetti da decadimento cognitivo lieve (MCI; n=74), AD (n=25), demenza non AD (n=15) o nessuna demenza (n=9) e sono stati sottoposti alla PET per definire la positività della beta-amiloide.

Dei quattro biomarcatori, la p-tau 217 è risultata la più strettamente correlata ai livelli di beta-amiloide misurati tramite PET per l’intera coorte e in modo coerente tra i vari sottogruppi diagnostici.

Il biomarcatore p-tau 217 è stato anche il più accurato nell’identificare i pazienti dell’intera coorte positiva alla beta-amiloide, con un’accuratezza del 93,1%, seguito da GFAP (78,0%), p-tau 231 (68,9%) e p-tau 181 (67,8%).

Bucci ha riferito che l’accuratezza predittiva è aumentata significativamente al 97,5% quando la p-tau 217 è stata inclusa insieme a tutti i biomarcatori, compresa l’aggiunta del neurofilamento leggero, dell’amiloide-beta 40 e dell’amiloide-beta 42. Invece tutti i biomarcatori, in assenza della p-tau 217, hanno prodotto un’accuratezza predittiva inferiore, pari all’85,9%, la quale non comporta una variazione significativa rispetto all’utilizzo della sola p-tau 217.

Il relatore ha rimarcato che i risultati sono stati simili quando le previsioni dei biomarcatori sono state confrontate nei pazienti con MCI prima della PET.

Bucci ha dichiarato ai delegati che “la p-tau 217 mostra un potenziale clinico”, con un elevato valore predittivo positivo dell’89%, che sale al 97% se combinato con gli altri biomarcatori. Infatti, ha affermato che “l’integrazione mediante l’uso dei vari biomarcatori plasmatici e di altri dati clinici è legittima”, rimarcando che i falsi positivi e i falsi negativi nell’intera coorte sono diminuiti da 8 e 6, rispettivamente, con la sola p-tau 217, a 2 e 6 se associata ad altri biomarcatori.

Nel secondo studio, un test che rileva la tau fosforilata simultaneamente a T217 e T231 (C231D217) è risultato altamente sensibile e specifico per il rilevamento dell’AD durante tutto il continuum della malattia, superando i due biomarcatori singoli.

Anna Lidia Wojdala (Amsterdam University Medical Center, Paesi Bassi) e colleghi hanno sviluppato e validato due test di multifosforilazione, uno per C231D217 e uno per rilevare la tau fosforilata simultaneamente a T181 e T231 (C231D181).

Hanno misurato i livelli di C231D217 e C231D181 nel liquido cerebrospinale (CSF) e nel plasma insieme a test di riferimento correlati che hanno rilevato la p-tau 217, la p-tau 218 e la p-tau 231 in due coorti. Una coorte esplorativa di 55 soggetti, comprendente 21 pazienti con MCI/AD, 19 con demenza di AD e 15 soggetti cognitivamente sani, e una coorte di validazione di 118 soggetti, di cui 19 con AD preclinica, 20 con MCI/AD, 16 con demenza di AD, 39 con demenza frontotemporale e 24 mentalmente sani.

Nella coorte esplorativa e di validazione, i livelli di C231D217 sia nel CSF che nel plasma sono risultati significativamente aumentati nei sottogruppi di continuum dell’AD rispetto ai soggetti di controllo. Al contrario, nella coorte esplorativa, solo i livelli di C231D181 nel liquor, ma non nel plasma, sono significativamente aumentati tra i sottotipi di AD rispetto ai soggetti di controllo, “quindi, sulla base di questi risultati, abbiamo ipotizzato una mancanza di potenzialità come biomarcatori per la p-tau 231 e per la p-tau 181 plasmatica, mentre la p-tau 231 e la p-tau 217 [sono] biomarcatori molto promettenti”, ha detto Wojdala.

I livelli di C231D217 hanno anche distinto i pazienti della coorte di validazione con AD preclinica dai soggetti di controllo con un’accuratezza del 91%. Tutto ciò a confronto con le rispettive accuratezze dell’85% e del 77% per la p-tau 231 e 217 nel plasma.

Analogamente, C231D217 ha identificato il 100% dei soggetti con MCI/AD rispetto a quelli di controllo, mentre la p-tau 231 nel plasma ha identificato il 97% dei soggetti e la p-tau 217 nel plasma il 90%. Il corrispondente grado di accuratezza nell’identificare i soggetti con demenza di AD dai soggetti di controllo è stato del 100% contro il 92% e il 91%.

L’analisi del fold change mediano della concentrazione di C231D217 rispetto a p-tau 231 e p-tau 217 ha supportato i risultati e il valore è stato coerente tra i vari sottogruppi.

Wojdala ha concluso dicendo che “la p-tau 217 e 231 è un eccellente biomarcatore di AD sia nel CSF che nel plasma”, riconoscendo che è necessaria la validazione in coorti più ampie e che servono studi longitudinali per indagare l’andamento della tau multifosforilata durante la progressione dell’AD.

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AD/PD 2024; Lisbona, Portogallo: 5-9 marzo

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