Di Lucy Piper, giornalista di medwireNews
medwireNews: Secondo i risultati dello studio TRAILBLAZER-ALZ 4, la riduzione superiore delle placche di amiloide con donanemab rispetto ad aducanumab nei pazienti affetti da malattia di Alzheimer (AD) sintomatica precoce si estende fino a 18 mesi.
Questi risultati mostrano un ulteriore miglioramento della riduzione dell’amiloide con donanemab, precedentemente riferita a 6 e 12 mesi di trattamento, “senza che dallo studio emergano nuovi segnali di sicurezza”, ha dichiarato il relatore Stephen Salloway (Butler Hospital, Providence, Rhode Island, USA).
Durante la conferenza AD/PD 2024 di Lisbona, in Portogallo, Salloway ha riferito che la clearance delle placche amiloidi, definita come meno di 24,1 centiloidi alla tomografia a emissione di positroni (PET) , è stata osservata a 18 mesi nel 77,5% dei 56 pazienti che hanno ricevuto donanemab, rispetto al 42,5% dei 58 soggetti assegnati a ricevere aducanumab, delineando così una differenza significativa.
Una differenza altrettanto significativa, pari al 77,0% contro il 34,5%, è stata riscontrata anche tra 25 partecipanti trattati con donanemab e 23 con aducanumab che al basale presentavano livelli medio-bassi di tau alla PET, compresi tra 1,10 e 1,46 in termini di rapporto del valore standardizzato di captazione (SUVr).
Nello studio di fase 3, in aperto, i pazienti sono stati assegnati in modo casuale a ricevere donanemab per via endovenosa ogni 4 settimane alla dose di 700 mg per le prime tre dosi, seguite da dosi di 1400 mg, oppure aducanumab ogni 4 settimane alla dose di 1 mg/kg per le prime due dosi, aumentando a 3 mg/kg per le due dosi successive, 6 mg/kg per le altre due dosi successive e 10 mg/kg per le rimanenti.
I partecipanti (57% donne) avevano un’età media di 73 anni, un livello medio di amiloide al basale di 97-102 centiloidi e un SUVr della tau alla PET di 1,26-1,27.
I livelli di amiloide sono diminuiti rispetto al basale di una media dei minimi quadrati di 86,3 centiloidi con il trattamento a base di donanemab, delineando una riduzione significativamente maggiore rispetto ai 72,8 centiloidi ottenuti con aducanumab. Nella sottopopolazione con tau medio-bassa, le riduzioni corrispondenti sono state dell’84,6% e del 71,0%, ma la differenza non è stata statisticamente significativa.
Salloway ha rimarcato che donanemab non solo è stato associato a riduzioni dell’amiloide più elevate rispetto ad aducanumab, ma anche a una clearance più rapida raggiunta in una mediana di 359 giorni rispetto ai 568 giorni di aducanumab.
Entrambi i trattamenti hanno avuto un effetto positivo sui biomarcatori plasmatici a 18 mesi, come a 6 e 12 mesi. In particolare, la p-tau fosforilata è diminuita del 33,2% con donanemab e del 25,7% con aducanumab, la p-tau 181 del 18,0% contro il 14,3% e la proteina gliale fibrillare acida del 20,0% contro il 13,7%.
Gli eventi avversi (EA) si sono verificati nell’83,1% dei soggetti trattati con donanemab e nell’87,0% di quelli trattati con aducanumab. Le anomalie di imaging correlate all’amiloide (ARIA), edema/effusioni, sono state gli EA più comuni emersi durante il trattamento, verificati rispettivamente nel 23,9% e nel 34,8% dei pazienti. Tali eventi sono stati principalmente asintomatici, anche se l’1,4% nel gruppo di donanemab e il 2,9% nel gruppo di aducanumab sono stati considerati gravi. Non ci sono stati decessi.
In conclusione, per Salloway i dati dimostrano che “con donanemab è possibile ottenere una riduzione più rapida dell’amiloide senza modificare la sicurezza”. Ha anche aggiunto che, poiché la clearance dell’amiloide con aducanumab è stata più bassa, ma il tasso di ARIA più alto, “le ARIA osservate non possono essere completamente spiegate dall’abbassamento dell’amiloide” e ha suggerito la presenza di altri componenti responsabili.
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AD/PD 2024; Lisbona, Portogallo: 5-9 marzo